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Читаем по-итальянски Antonio Tabucchi Sogno di Fernando Pessoa (2)


 Sogno di Fernando Pessoa, poeta e fingitore

Non mi faccia troppo stancare il mio Alberto, disse la vecchietta, è di salute così cagionevole.
Si fece di lato e Pessoa entrò in casa. Era una stanza ampia, arredata con semplicità. C'era un caminetto, una piccola libreria, una credenza piena di piatti, un sofà e due poltrone. Alberto Caeiro stava seduto su una poltrona e teneva il capo reclinato all'indietro. Era l'Headmaster Nicholas, il suo professore della High School.
Non sapevo che Caeiro fosse lei, disse Fernando Pessoa, e fece un piccolo inchino. Alberto Caeiro gli indirizzò un cenno stanco di venire avanti. Venga avanti caro Pessoa, disse, l'ho convocata qui perché volevo che lei sapesse la verità. Intanto la prozia arrivò con un vassoio sul quale c'erano té e pasticcini. Caeiro e Pessoa si servirono epresero le tazze. Pessoa si ricordò di non alzate il mignolo, perché non era elegante. Si accomodò il bavero del suo vestito alla marinara e si accese una sigaretta. Lei è il mio maestro, disse.
Caeiro sospirò, e poi sorrise. È una storia lunga, disse, ma è inutile che gliela spieghi per filo e per segno, lei è intelligente e capirà anche se salterò dei passaggi. Sappia solo questo, che io sono lei. Si spieghi meglio, disse Pessoa.
Sono la parte più profonda di lei, disse Caeiro, la sua parte oscura. Per questo sono il suo maestro.
Un campanile, nel villaggio vicino, suonò le ore. E io cosa devo fare?, chiese Pessoa.
Lei deve seguire la mia voce, disse Caeiro, mi ascolterà nella veglia e nel sonno, a volte la disturberò, certe altre non vorrà udirmi. Ma dovrà ascoltarmi, dovrà avere il coraggio di ascoltare questa voce, se vuole essere un grande poeta.
Lo farò, disse Pessoa, lo prometto.
Si alzò e si accomiatò. La carrozza lo aspettava alla porta. Ora era diventato di nuovo adulto e gli erano cresciuti i baffi. Dove la devo portare?, chiese il vetturino. Mi porti verso la fine del sogno, disse Pessoa, oggi è il giorno trionfale della mia vita.
Era l'otto di marzo, e dalla finestra di Pessoa filtrava un timido sole.


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